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Spunti: metodologia di allenamento con le giovanili maschili

Proceso_de_coachingNell’ambito delle attività legate alla Selezione Provinciale Maschile di Bologna, quest’anno abbiamo gettato le basi per alcuni incontri periodici rivolti soprattutto a neo-allenatori operanti nei settori giovanili della città. In particolare, l’idea è quella di organizzare alcune tavole rotonde per parlare dell’allenamento dei nostri settori giovanili “a tutto tondo”: gli incontri si svolgono tendenzialmente in concomitanza delle attività della Selezione Provinciale (o dei nostri progetti promozionali paralleli).

L’articolo che propongo di seguito – seppur qui leggermente modificato per renderlo “presentabile” – è stato il punto di partenza di queste discussioni: si tratta di spunti di riflessione per il lavoro con le giovanili maschili, risultato della mia – seppur non vastissima – esperienza in questi anni in palestra. Che le considerazioni siano giuste o sbagliate poco importa, ciò che ci interessava era principalmente avere un punto di partenza per avviare i nostri lavori. Lo condivido affinché possa essere ulteriore spinta per ulteriori discussioni. 

Attenzione allo stile con cui è scritto il documento! L’impostazione è molto schematica, poiché appunto nasce come avvio per una discussione, e contiene molti verbi “forti” (“deve”, “è fondamentale”…), non perché i pareri espressi siano necessariamente di valenza assoluta, quanto più per sottolineare e ben definire la mia personale scala di importanza/priorità.

Introduzione

In questo documento presento in maniera il più possibile chiara e sintetica alcuni degli aspetti che ritengo più importanti nell’allenamento di una squadra giovanile maschile. Ovviamente si tratta di considerazioni del tutto personali e che condivido prima di tutto per avere pareri, suggerimenti e intavolare una discussione che possa essere proficua per noi allenatori e, di riflesso, per i nostri giocatori. Le considerazioni che di seguito presento sono frutto degli ultimi anni di lavoro tra settore giovanile (di club e di selezione) e squadre seniores, nonché delle ormai lunghe e preziose collaborazioni con tanti colleghi operanti nel settore.

Sommario

  • Conoscere i modelli tecnici
  • Stabilire delle progressioni
  • Imparare a programmare
  • Come stilare un allenamento
  • Tecniche di individuazione e correzione degli errori

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La qualità della ripetizione

Qualità della ripetizioneQualche settimana fa ho conosciuto un nuovo allenatore e ho avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere. Tra i tanti temi affrontati, si è finiti con il parlare della scarsità di pallavolo maschile nella nostra città. Da lì siamo finiti a parlare più in generale della qualità dell’allenamento a livello giovanile. Mi ha esposto un pensiero veramente bello, da cui voglio partire per sviscerare la solita discussione con i lettori.

Secondo lui, che allena da molti anni, uno dei più grandi errori commessi dagli allenatori è che “hanno in testa l’idea che i ragazzi debbano esclusivamente fare delle ripetizioni“. Lo so bene, qualcuno avrà storto il naso. Però la sua sentenza era ben argomentata e non posso fare a meno di riportarla e condividerla. Il problema non è solo legato al numero di ripetizioni, ma alla loro qualità. Secondo lui, questo secondo parametro deve avere priorità assoluta in fase di apprendimento di un gesto tecnico. Del resto, ha senso far ripetere tantissime volte in pochissimo tempo un gesto tecnico, senza avere così il tempo di effettuare una correzione a 360° gradi, mirata e puntigliosa? Evidentemente no. Dobbiamo per forza dilazionare le ripetizioni in un tempo maggiore. Mi ha detto: “Vedo sempre tanti allenatori lanciare mille e mille palloni, convinti di allenare qualcosa. Ma facendo così tu alleni solo l’errore!“.

Il problema dell’allenamento dell’errore mi ha veramente dato da pensare. Quante volte tutti noi, in preda a questo strano principio delle ripetizioni elevate, trascuriamo qualcosa, accettando ripetizioni grossolanamente valide, ma non corrette? Il rischio è quello che un errore, seppur piccolo, diventi poi gesto automatizzato, con tutti i problemi che questo comporta. Sono andato a rileggere le lezioni dei corsi allenatori che ho frequentato e non ho mai trovato qualcuno che si soffermasse a parlare veramente della qualità della ripetizione.

Quali sono i parametri che rendono una ripetizione valida, in fase di apprendimento? Provo a citarne alcuni che condivido:

  • Possibilità di dare correzioni immediate ad ogni esecuzione
  • Semplicità e analiticità della ripetizione

Un esempio: se voglio insegnare a fare un palleggio di appoggio, probabilmente non ha molto senso iniziare a lanciare palloni, dall’altra parte del campo, a raffica, 2-3 palle per bambino e poi giro. In questo modo, infatti:

  • Se penso al ritmo, non posso correggere ogni gesto tecnico;
  • Il mio lancio arriva da lontano, può essere impreciso, aggiungendo alla tecnica di palleggio quella di spostamento;
  • Sono fisicamente lontano dai miei giocatori, per poter vedere tutti i piccoli aspetti tecnici con precisione e per poter dare tempestive correzioni (salvo urlare in continuazione da una parte all’altra della palestra).

Quale potrebbe allora essere un processo di insegnamento “corretto” in base al principio sopra enunciato? Provo a scrivere alcuni esercizi di base per il palleggio d’appoggio, post-propedeutici:

  • Palleggio contro al muro da seduti o inginocchiati, fermando la palla ogni volta o lanciandola prima contro al muro e poi facendo un palleggio (isoliamo il lavoro delle braccia);
  • Palleggio a coppie, uno lancia preciso e l’altro palleggia preciso, si ferma la palla ogni volta; eventualmente lavorare con palla trattenuta (sensibilizzazione dell’azione elastica delle mani);
  • Palleggio su lancio preciso dell’allenatore, che lancia dallo stesso campo del bambino, a distanza di pochi metri;

Cercando di concludere, credo che, in generale ma soprattutto in fase di apprendimento, si debba pensare molto alla qualità della ripetizione prevista nel nostro esercizio, cercando di limitare il numero di variabili presenti e rendendo possibile la correzione del maggior numero possibile di esecuzioni. Pensare solo alla quantità, infatti, può portare a fissare gesti tecnici non corretti che, alla lunga, potrebbero diventare automatismi, con grosse difficoltà per correzioni successive.

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Sui propedeutici

ChimicaDefiniamo esercizio propedeutico un esercizio che ci avvicini all’esecuzione di un gesto tecnico. Di per sé il movimento non è quello finale, ma ci assomiglia. Il problema che vorrei affrontare oggi, su cui vorrei aprire un dibattito, è il seguente: quanto deve essere somigliante un propedeutico al gesto tecnico reale?

Non avendo mai allenato né un MiniVolley né un Under 14 (o più in basso), non mi sono mai trovato di fronte al problema di affrontare con meticolosità tutta la serie di propedeutici necessari per far famigliarizzare un bambino con i gesti di base del nostro sport (palleggio e bagher d’appoggio, schiacciata…). Tuttavia, nei giorni scorsi ho visto alcuni allenamenti di ragazzini piccoli e ho visto eseguire alcuni propedeutici che ritengo un po’ avventati.

Un esempio su tutti, propedeutico al palleggio: “Lancio la palla, corro sotto, la blocco a braccia distese, poi piego alla fronte e lancio”. A mio avviso questo propedeutico è sbagliato. E’ sbagliato perché mi dà l’idea che si cerchi di fissare nel giovane atleta il concetto che per palleggiare dobbiamo portarci sotto la palla con le braccia distese e poi fletterle, salvo poi distenderle nuovamente. Capiamo bene che questo non ricalca la realtà, poiché il palleggio non si esegue in tre tempi distinti (preparazione – flessione – distensione), ma con il solo blocco preparazione – distensione. Ricordo, anzi, molto bene, il lavoro estivo con alcune atlete che avevano appunto il problema di rallentare l’esecuzione del palleggio, inserendo movimenti extra e superflui tra la fase di preparazione e quella di distensione.

Mi domando allora in base a cosa dobbiamo scegliere i propedeutici, cercando di raggiungere questo duplice obiettivo:

  • Lavorare analiticamente su una parte del gesto tecnico da insegnare
  • Non creare presupposti per il fissaggio di meccanismi errati

A mio avviso, prima di inserire un esercizio in una nostra progressione, dobbiamo eseguire lo sforzo di ripercorrere le varie tappe del gesto tecnico finale dal punto di vista della teoria. In seguito, passeremo ad analizzare con razionalità il nostro esercizio, per capirne pregi e difetti. Una volta sicuri, lo proporremo in palestra. Chiaramente, non dobbiamo dimenticare tutta quella serie di buone regole per la creazione di esercizi, che riguardano quindi la possibilità di correggere, l’elevato numero di ripetizioni, il divertimento e quant’altro, accettando però qualche compromesso nelle primissime fasi, in favore della possibilità di correggere il maggior numero di bambini. Riassumendo:

  1. Ripasso teorico del gesto tecnico finale
  2. Analisi dell’analogia del propedeutico con un frammento di gesto tecnico
  3. Assenza di possibilità di fissaggio di meccanismi errati
  4. Confronto dell’esercizio con i criteri di creazione di buoni esercizi
  5. Esecuzione pratica in palestra

L’esercizio prima proposto ha anche un secondo problema: è troppo difficile per atleti che non hanno mai giocato a pallavolo. E’ difficile perché, se ci si pensa, presuppone la conoscenza dei seguenti schemi motori:

  • Lancio della palla
  • Spostamento
  • Posizionamento
  • Esecuzione del gsto

Se noi dobbiamo insegnare il gesto tecnico, dobbiamo anzitutto isolarlo. Se invece inseriamo anche le altre tre fasi, è logico aspettarsi errori di lancio, errori di spostamento, errori di piazzamento e quant’altro. Conclusione: esisterà una elevata quantità di ripetizioni in cui il vero errore non è nel gesto tecnico, ma nelle fasi precedenti!
Per concludere con un po’ di completezza, penso che una valida alternativa all’esercizio proposto fosse quella di bloccare la palla con le braccia già cariche, sopra la fronte, per poi effettuare solo la spinta. Riguardo allo spostamento, credo che questo sia una fase già successiva, da utilizzare dopo altri propedeutici più semplici. Ad esempio, io partirei con lavoro con lancio dell’allenatore preciso al bambino, bloccaggio alto e spinta. In seguito si passa al lancio preciso (quanto possibile) del compagno, poi al lancio spostato e così via. Ma, prima di tutto, sarà importante fissare il corretto gesto tecnico.

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Il solito problema di inizio anno

FaticaCome ogni anno, Settembre arriva e, nella testa di ogni allenatore, frullano quel miliardo di informazioni su come sia giusto o non giusto iniziare gli allenamenti. Già l’anno scorso scrissi qualcosa in merito al famigerato tema del primo allenamento dell’anno, ma voglio tornarci anche questa volta, non tanto per scrivere l’opposto di quanto già scrissi, quanto più per portare le mie esperienze dell’anno scorso e di quest’anno. Quindi, schematicamente, parlerò prima delle mie esperienze e poi proverò a riassumere il mio pensiero in merito.

La stagione scorsa ero primo allenatore di un gruppo U18 maschile. Dopo aver scritto l’articolo, in cui dicevo per l’appunto che era bene partire con calm, ma facendo tutto, ho iniziato a creare il mio programmino annuale. Per le prime 6 settimane di preparazione, ho scritto una tabella con il lavoro fisico, tecnico, tattico e disciplinare da svolgere, cercando di avere progressioni sensate. Alla fine, dopo aver parlato con molti preparatori, mi sono convinto finalmente a rispettare questi punti, che ho assunto come basi di lavoro fondamentali:

  • La prima settimana non si salta
  • La prima settimana si evitano alcune esercitazioni ritenute pericolose in stato di muscolatura poco tonica, ad esempio gli affondi laterali per gli adduttori
  • Il lavoro parte con esercitazioni statiche per almeno 4-5 sedute
  • Si lavora sempre sulla prevenzione per la schiena, le caviglie, le spalle e le ginocchia
  • Dopo si possono iniziare ad inserire gradatamente esercitazioni isotoniche a corpo libero, progredendo dal movimento lento in fase concentrica ed eccentrica, spostandosi sempre di più verso l’esplosività
  • I famosi “percorsi” con salti, andature eccetera verranno introdotti dopo la terza settimana

Sull’assenza di salti, sono stato molto molto contento. Prima di tutto, contrariamente a quanto pensassi, si possono veramente creare allenamenti altamente tecnici anche con rete bassa: possiamo lavorare molto sulla tecnica individuale a coppie e terne e, ponendo la rete ad altezza gomito, si può lavorare molto sia sulla manualità che sulla tecnica di attacco, in particolare sulla distensione del braccio. Di conseguenza, si lavora molto bene anche sul piano di rimbalzo a muro e sulla difesa. La prevenzione è stata fatta con gli elastici e a corpo libero, in particolare abbiamo utilizzato esercizi per la cuffia dei rotatori e per la propriocettiva di bacino, spalla, ginocchia e caviglie. Infine, per la schiena, riscaldamento curato, molta mobilità e lavoro preciso e ragionato sugli addominali.

Veniamo ora alla presente stagione. Quest’anno lavoro come vice allenatore in Serie B2 maschile. Anche questo allenatore (Bicego, che, per quanto ho visto fino ad ora, è veramente bravissimo) ha seguito alcune linee generali, poi ha sviluppato un programma progressivo, sia fisico che tecnico. In particolare, non abbiamo aspettato un’intera settimana per saltare, ma siamo passati dagli zero salti del primo allenamento ad una progressione crescente, ma sempre molto ridotta per tutta la prima settimana. Dal punto di vista tecnico, ci siamo concentrati su:

  • Manualità sulla palla
  • Tecnica di base di difesa
  • Alzata e attacco di palla alta
  • Riattivazione tecnica dei fondamentali

Inoltre, dal punto di vista fisico, analizzate le condizioni di partenza, ci siamo concentrati su schede pesi di base e curando particolarmente la tecnica esecutiva degli esercizi che, chiaramente, va considerata fondamentale. Come prevenzione, molte esercitazioni a corpo libero (anche con angoli molto chiusi, proprio per preparare i muscoli al lavoro con sovraccarichi, che è eseguito con angoli più aperti). Infine, un bel lavoro sulla mobilità e sulla velocità dei piedi. La piccola base aerobica che ci serve la stiamo costruendo mediante esercitazioni con la palla: ad esempio, delle serie di “Dai e Segui” sulla diagonale, con lanci, palleggi, bagher, piazzate e così via. In questo modo non sprechiamo tempo prezioso per la tecnica e, allo stesso tempo, facciamo lavorare anche il fisico.

Come potete intuire, in questi due anni ho seguito e visto seguire in prima persona il principio (per me, sacrosanto) della progressività. Evidentemente, però, non tutti la pensano così: ho anche visto, sia quest’anno che l’anno scorso, primi allenamenti pieni di scatti, salti massimali, addominali massacranti e sedute tecniche o imbarazzanti o troppo piene di 6 contro 6. Conclusione: giocatori indolenziti e bloccati il giorno dopo e, logicamente, sedute tecniche di qualità infime per parecchi allenamenti. Eppure molti giocatori, se non tornano a casa massacrati, non sono contenti del proprio allenatore…

Come sempre, non credo di possedere la verità. Io semplicemente preferisco lavorare con calma e progressività. Però, siccome molti allenatori preferiscono il tutto-subito, mi piacerebbe avere anche un confronto su questo tema. Del resto, questo spazio serve proprio a questo, no?

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Il periodo transitorio nelle giovanili

Periodo TransitorioIl periodo transitorio è, per definizione, quello che separa la conclusione del campionato da quella effettiva degli allenamenti. Ci sono squadre che, banalmente, non svolgono alcun lavoro in questo periodo, altre che, invece, si dedicano con meticolosità e dedizione al lavoro.

In realtà il periodo transitorio, se utilizzato nella maniera corretta, può rivelarsi particolarmente utile: non avendo più l’ansia della prestazione (e, magari, l’importante obiettivo preposto), infatti, si ha tutta la tranquillità e la serenità per concentrarsi su alcuni aspetti che durante l’anno sono stati trascurati.

Si può parlare di carenze tecniche individuali, ma anche di incrementi strategici (per semplificare il lavoro l’anno successivo), oppure anche di fisico. Senza trascurare che, per la maggioranza delle squadre, il periodo transitorio sancisce anche l’inizio del mercato, ovvero dei giocatori in prova.

Parlando di giovanili, dobbiamo tenere presenti alcuni aspetti:

  • Molti ragazzi non hanno più voglia di faticare, essendo terminati i veri stimoli (le gare)
  • Abbiamo l’opportunità di lavorare molto scrupolosamente sulla tecnica individuale

Già da subito notiamo un’evidente contraddizione. La necessità dell’allenatore è quella di lavorare molto sull’analitico e sul sintetico, la necessità del giocatore è quella di non avere frustrazioni e giocare molto, se viene in palestra. A tutto questo va aggiunto quello che, a mio avviso, è uno degli aspetti cruciali del periodo di transizione: l’aspetto fisico. Il periodo di transizione, dal punto di vista fisico, può avere diversi obiettivi:

  • Incrementi muscolari di diverso tipo
  • Correzione di alcuni problemi posturali
  • Lavoro specifico sui traumi avuti durante l’anno
  • Prevenzione personalizzata
  • Apprendimento della tecnica di alcuni esercizi fisici

L’ultimo punto, in particolare, parlando di giovanili, può essere molto interessante: pensare di dedicare un po’ di tempo al fisico, insegnando la tecnica esecutiva di alcuni esercizi con sovraccarico (attività che, se eseguita con moderazione e senza eccessi piace agli atleti), potrebbe anche portare il vantaggio di partire con basi migliori per un lavoro mirato di preparazione fisica nella stagione successiva.

Ritornando all’aspetto tecnico, è chiaro che è compito dell’allenatore stabilire un programma che possa anche attirare i ragazzi verso la palestra, anche nei mesi di Maggio e, a volte, di Giugno. Per non eccedere in casi e casi, parlerò banalmente delle scelte che ho fatto io quest’anno, con il mio gruppo Under 18 maschile.

Anzitutto, abbiamo deciso di continuare a svolgere 3 allenamenti settimanali da 2 ore (salvo casi eccezionali), seppur a ranghi ridotti (le palestre sono già pagate anche per maggio), mentre, presumibilmente, da Giugno non riusciremo più ad allenarci, salvo 3-4 volte entro le prime due settimane. Ad ogni modo, ho focalizzato il lavoro seguendo questi principi:

  1. Ai ragazzi piacciono essenzialmente due aspetti: l’attacco ed il servizio in salto;
  2. Avendo in gruppo molti U16 (U18 dall’anno prossimo), dobbiamo sistemare due aspetti tecnici che ritengo vitali per questa fascia di età: ricezione e attacco, anche di palla alta (anche se questo sarebbe più un obiettivo da U14, avendo giocatori con poca esperienza alle spalle, il discorso è ancora più che aperto);
  3. Sempre per il discorso dell’aver avuto molti giocatoriU16, ma con campionati di Serie, abbiamo lavorato tutto l’anno con la rete 2.43 metri, con conseguenti “bracci più lenti del dovuto” per passare la rete senza tirare fuori;
  4. Ci sono 2-3 giocatori dell’attuale gruppo U16 che sono maturati molto durante l’anno e che andrebbero inseriti con l’attuale gruppo l’anno prossimo;
  5. I giocatori non hanno mai svolto esercitazioni con sovraccarichi.

A questo punto, ho delineato un programma di massima:

  • Martedì: allenamento specifico sull’attacco forte, con rete 2.35 circa. 30′ di riscaldamento, 60′ di fasi analitico – sintetiche e 30′ di fasi di gioco o globale (numeri permettendo), sempre con punteggi bonus per l’attacco. Attenzione: tutti i giocatori devono attaccare da tutte le zone, in più i centrali continueranno ad allenare il primo tempo.
  • Mercoledì: allenamento specifico su battuta e ricezione. 30′ di riscaldamento, 60′ di fasi analitico – sintetiche (nelle fasi sintetiche si inserisce anche il servizio al salto e si conclude l’azione con l’attacco), 30′ di fasi di gioco o globali.
  • Venerdì: lavoro sull’attacco di palla alta, quindi, in linea di principio, sul contrattacco e la fase break. Quando possibile, più spazio al globale.

A titolo di esempio, in maniera molto schematica e priva di dettagli (per altro, disponibili in forma completa nei miei allenamenti sul VCS), riporto i primi due allenamenti della scorsa settimana.

Martedì 6 maggio 2008

Finalità: attacco
Atleti: 3 palleggiatori, 7 attaccanti
Durata: 2 ore

  • 30′ Riscaldamento fisico e tecnico guidato.
  • 30′ Tecnica specifica – parte 1.
    • Alzatori: alzate di vari palloni su lancio del compagno (alzate sia da terra che in salto).
    • Attaccanti: trasformazione per la rincorsa, attaccando palloni lanciati dall’allenatore (3 palloni di fila, 2 in primo tempo e 1 in secondo, ponendo attenzione sull’esplosività della rincorsa).
  • 30′ Tecnica specifica – parte 2: lavoro a gruppi in attacco da zona 2 e zona 1.
    • Gruppo 1: attacco con alzata degli alzatori di palla mezza dietro sia in prima che in seconda linea.
    • Gruppo 2: trasformazione per il caricamento, 2-3 colpi da terra con gomito alto e subito 1 attacco in secondo tempo su lancio dell’allenatore.
  • 30′ Fase di gioco: due giocatori appoggiano una palla dell’allenatore su tutto il campo e ci sono 3 uscite. d’attacco contro due giocatori a muro esterni (palla in 2, per un giocatore che non era in appoggio, palla in 6, palla in 4). Punteggi singoli e gara tra tutti gli attaccanti.

Mercoledì 7 maggio 2008

Finalità: ricezione
Atleti: 2 palleggiatori, 6 attaccanti
Durata: 95 minuti

  • 30′ Riscaldamento fisico e tecnico guidato.
  • 30′ Ricezione singola su metà campo contro battuta floating da terra: 2 giri di ricezione in zona 5 (battuta da zona 5 poi da zona 1) e 2 giri in zona 1. Gara tra battitore e ricevitore con obiettivi di positività individuali su 10 battute.
  • 45′ Sintetico ricezione e attacco: due giocatori ricevono su 2/3 di campo nelle zone 5/6, il ricevitore di zona 5 attacca anche da zona 4. Un altro giocatore è solo in attacco in zona 2 o in zona 3 (a seconda del giocatore). Servizio libero, ricezione e attacco a discrezione dell’alzatore, segue free ball per l’attacco del secondo giocatore. Errore al servizio comporta Jolly Ball, ossia servizio da terra da non sbagliare.

Ecco, in linea di principio, i criteri che utilizzo per concludere nel modo più felice per tutti questa stagione. C’è da aggiungere che il nostro periodo transitorio è un po’ “forzato”, nel senso che stiamo partecipando ad un piccolo torneo di 4 partite che ci tiene ancora un po’ impegnati nel week-end. Ad ogni modo, il torneo è stato fatto per dare spazio di gioco a tutti, quindi non ci poniamo obiettivi di classifica e, pertanto, possiamo dirci mentalmente già in periodo transitorio.

Riguardo al discorso fisico, avevo già preparato una scheda per l’insegnamento di alcuni esercizi di base, anche se, causa problemi vari della società, ancora non siamo riusciti ad andare in sala pesi. Ad ogni modo, gli esercizi che abbiamo ritenuto importanti sono:

  • Seduta #1
    • Squat a 90° con bilanciere libero
    • Spinte alla panca piana
    • Trazioni al pulley
  • Seduta #2
    • Affondi frontali con manubri
    • Lento avanti con manubri
    • Trazioni alla lat machine

Le modalità di lavoro previste sono: carichi molto bassi (tali da garantire comunque un sovraccarico), 3 serie da 10 ripetizioni per ogni esercizio, attenzione alla tecnica esecutiva, esecuzione lenta e controllata.

Personalmente, mi ritengo abbastanza soddisfatto dagli effetti ottenuti: abbiamo comunque una buona frequenza agli allenamenti, stiamo ottenendo, già in poco tempo, buoni risultati e gli allenamenti non risultano eccessivamente noiosi.

Il periodo di transizione, in conclusione, deve poter soddisfare le esigenze dei giocatori, che hanno voglia di subire stress inferiori rispetto al campionato, ma anche quelle degli allenatori, che hanno necessità di sfruttare appieno il tempo senza gare per concentrarsi sulla tecnica individuale.

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L’allenamento dell’allenatore

CoachGrazie ad alcuni esercizi che ho visto sul VCS e ad un piccolo scambio di battute sulla TagBoard, mi sono trovato a meditare sul’aspetto dell’allenamento dell’allenatore. Mi sono posto alcuni interrogativi su quali siano le capacità tecniche che un buon allenatore deve possedere. Penso che l’imprescindibilità di alcune caratteristiche tecniche sia indiscutibile: a qualsiasi livello, non è possibile pensare di allenare in modo sufficientemente efficace senza avere il controllo diretto e completo di alcune esercitazioni. Ad esempio, spesso, per dare ritmo, è necessario lavorare in fasi analitiche con lanci dell’allenatore, che, in questo modo, può modulare ritmo, intensità, difficoltà, per ogni singolo giocatore. Tuttavia, per poter perseguire questo “sogno”, è necessario possedere alcune capacità, di cui in seguito parleremo.

Anzitutto, ragioniamo sugli obiettivi:

  • Poter allenare
  • Poter garantire tante ripetizioni in poco tempo
  • Necessitare di riscaldamento limitato o nullo
  • Garantire la propria incolumità fisica

Entrando nello specifico, ci sono almeno queste capacità che un allenatore dovrebbe possedere:

  • Lancio a due mani da sotto
  • Servizio dal basso
  • Piazzata da terra
  • Servizio floating
  • Attacco da terra
  • Colpo d’attacco senza salto
  • Colpo di pallonetto senza salto

Proverò, di seguito, a dire due parole su ciascuna capacità tecnica.

Lanci a due mani da sotto

Sono fondamentali, a mio avviso, per l’allenamento dell’attacco a livello giovanile. Dobbiamo poter garantire elevata precisione in profondità e lunghezza. In altre parole, la palla deve cadere proprio nel punto giusto. Ma c’è un altro aspetto da tenere presente, ossia l’altezza. E’ infatti necessario poter garantire, per ogni tipo di zona (4, 3, 2) lanci di tre differenti tipologie:

  • Lancio alto (oltre 3 metri sopra la rete) per allenare il terzo tempo ed il contrattacco
  • Lancio di secondo tempo, utilizzato per le esercitazioni analitiche di attacco in cui non si vuole focalizzare l’attenzione sul tempo di rincorsa
  • Lancio di primo tempo, utilizzato nelle prime fasi dell’apprendimento per limitare le componenti di valutazione della palla al giocatore

Il lancio alto, inoltre, richiede di poter essere preciso od impreciso, di partire da diverse parti del campo e così via. Ad ogni modo, già possedere la capacità di eseguire lanci alti da sotto la rete, è un buon passo avanti.

Per allenarsi in questo, senza avere a disposizione troppi strumenti, sono sufficienti il canestro del basket e due cesti di palloni. Il primo si posiziona sotto il canestro, il secondo vicino all’allenatore. Posizioniamoci quindi a distanze “ragionevoli” ed iniziamo ad effettuare dei lanci, valutandoci di volta in volta e prefiggendoci obiettivi, a seconda di quale livello alleniamo. Ad esempio, potrebbe essere sensato considerare l’errore in profondità molto più grave di quello in lunghezza, perché aggiunge una componente tecnica non indifferente all’attacco. Ove possibile, chiaramente, si può sostituire il canestro con un canestro mobile posto direttamente sotto rete e il cesto sotto il canestro con un assistente (il vice allenatore?).

Un aspetto che consiglio di non sottovalutare è la possibile differenza di precisione nei lanci verso destra o verso sinistra. Io, ad esempio, ho notato che lancio molto meglio in Zona 2, che in Zona 4. Questo è un aspetto da gestire e non sottovalutare, poiché l’allenamento dell’attacco non può prescindere da nostre limitazioni.

Servizio dal basso

Così come il lancio da sotto è il fondamentale necessario per l’allenamento dell’attacco, il servizio dal basso è quello utilizzato per l’allenamento delle fasi di giocata e rigiocata, di appoggio, di ricezione, di ricostruzione. Dobbiamo essere in grado di direzionare il servizio da sotto in ogni zona (quanto meno, nelle tre fasce laterali e con una buona modularità di lunghezza), sia come servizio teso, che come servizio molto a parabola. Personalmente, utilizzo tantissimo il servizio dal basso in sostituzione del servizio in gara, per aumentare il ritmo di gioco ed eliminare da alcune fasi globali alcune variabili (il servizio ne introduce troppe).

L’esecuzione tecnica può essere differente ed adattabile, anche se di norma vedo colpi con la spalle bloccata e colpi gestiti solo con l’azione dell’avambraccio mediante rotazione del gomito. Il colpo è di norma effettuato con il pugno chiuso, per favorire il controllo della palla e la possibilità di modulare meglio i colpi.

Nei primi tempi di allenamento, io non ero assolutamente in grado di servire dal basso. Venendo dalla pallavolo giocata, infatti, avevo abbandonato il servizio dal basso ai tempi dell’U13. Penso che questo sia stato un problema anche di tanti altri allenatori, all’inizio. Ad ogni modo, sostituire il servizio da sotto con un lancio da sotto non è, in alcuni casi, da considerarsi come un fatto negativo. L’unico vantaggio del servizio, in alcuni casi è, a mio avviso, un maggior controllo delle traiettorie lunghe. Per allenarsi non resta che iniziare contro la parete, poi su distante brevi da rete e allontanandosi via via dalla stessa.

Aspetto importante è il punto di partenza del servizio. In generale, credo serva poter saper battere da dentro il campo (fasi di allenamento analitico o sintetico), ma anche da fuori, da ambedue i lati (fasi di gioco). Infine, può essere necessario anche saper battere da fondo campo, senza perdere eccessivamente in precisione.

Piazzata da terra

Entra in gioco nell’allenamento delle fasi di rigiocata e, in particolare, quando si vuol far partire un’azione da una difesa. Infatti, allenare la difesa partendo dall’attacco, specie con squadre giovani, è un sogno molto spesso irrealizzabile. Ci sono troppe variabili d’errore e, molto spesso, i palloni toccati sono troppo pochi. In fasi di gioco è necessario poter attaccare palloni di media potenza addosso o vicino ai giocatori, per poterli allenare ad una semplice difesa.

Dal punto di vista tecnico, spesso si tende a limitare l’utilizzo della spalla, in questi colpi, a favore di un colpo più basso e gestito con il movimento del polso.

Anche in questo caso, attenzione alla simmetria del colpo, alla possibilità di direzionare il colpo su tutte le zone (quanto meno, quelle direttamente frontali o leggermente laterali), alla necessità di rendere il colpo impegnativo ma non impossibile (e quindi cura delle traiettorie e dei punti di caduta del pallone) e, ove possibile, anche alla necessità di vedere, in visione periferica, i posizionamenti dei giocatori in difesa.

Servizio floating

Molto spesso è necessario disporre di un servizio floating sufficientemente “flottante” e decisamente poco falloso, per dare continuità agli esercizi di ricezione.

Altri colpi d’attacco

Oltre al colpo piazzato, è necessario, per allenare analiticamente la difesa, disporre di colpi d’attacco forti, con braccio alto e veloce, con pallonetti e finte. Questi colpi devono poter essere eseguiti sia da terra che da sopra plinti o tavoli. Sarebbe importante saper gestire sia i colpi forti dritti (con discreta precisione), che quelli più lenti ed angolati (movimenti in intrarotazione ed extrarotazione).

L’ultima osservazione, in fase di auto-allenamento, è che, al contrario di quanto richiediamo ai nostri giocatori giovani, a noi non interessa la tecnica di esecuzione, ma solo l’effetto. I colpi d’attacco devono essere alti, direzionabili e modulabili in forza, senza poi particolare attenzione alla tecnica esecutiva (lancio, caricamento e così via).

Riguardo al riscaldamento, in linea di principio i lanci, i servizi da sotto e le piazzate non dovrebbero richiedere un riscaldamento eccessivo. Al contrario, credo sia bene non “avventurarsi” in lavori troppo traumatici per la spalla (servizio, attacco) senza un adeguato riscaldamento a priori, specie se il numero di ripetizioni che andremo ad eseguire sarà elevato ed in tempi ridotti.

Buon autoallenamento a tutti.

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I giocatori coinvolti in un’esercitazione

Grazie soprattutto al VCS, sto avendo il piacere di vedere tanti nuovi esercizi più o meno conosciuti. Veramente una bella esperienza, che però va sfruttata per dare spunto a riflessioni e discussioni costruttive.
Il punto su cui vorrei soffermarmi oggi è l’aspetto organizzativo. Cercherò di spiegarmi.Dal punto di vista puramente metodico, dobbiamo tener presenti alcuni aspetti di un’esercitazione:

  • Il tempo necessario per predisporlo
    • Tempo necessario per predisporre le attrezzature necessari
    • Tempo necessario per spiegarlo
    • Tempo necessario ai giocatori per capire il meccanismo
  • Lo spazio palestra occupato
    • Quanti campi sono necessari
    • Quanto spazio rimane per ulteriori esercitazioni e che tipo di spazio rimane
    • Quanto spazio è sprecato (ad esempio, se attacchiamo sulla parallela senza difensore, la parallela e anche la Zona 6 del campo opposto sono “spazi sprecati“, poiché non riutilizzabili per altri esercizi indipendenti)
  • Il tempo necessario per farlo eseguire a tutti i giocatori che ci interessano
  • Il numero di palloni richiesti e l’ubicazione dei cesti/carrelli
    • Legato al ritmo dell’esercitazione
    • Legato al numero di ceste/carrelli disponibili
    • Legato alle altre esercitazioni (essendo il numero di cesti limitato, dobbiamo scegliere posizioni strategiche e considerare i tempi per andare a prendere i palloni)
  • L’autonomia dell’esercizio
    • Se l’allenatore deve lanciare o può solo osservare e correggere
    • Come avviene il recupero fisiologico
    • Come avviene il recupero dei palloni
    • Analisi della densità tecnica (ripetizioni ravvicinate di un gesto)

Una volta sviluppata questa analisi, è necessario valutare se veramente l’esercizio è attuabile. Faccio un esempio: ho 14 giocatori in palestra. Non posso certo permettermi di fare un’esercitazione che occupi 2/3 del campo per 3 giocatori. Posso permettermelo per pochi minuti, altrimenti dopo diventa un caos. Per di più, se sono coinvolto in maniera diretta nell’esercizio, non posso nemmeno verificare che gli altri atleti stiano effettivamente lavorare.

Mi riferisco specialmente agli esercizi analitici, dove necessitiamo di ripetizioni ravvicinate (elevata densità tecnica) e correzioni continue. Se non disponiamo di un vice – allenatore, di un amico in palestra o di qualsiasi cosa affine, è molto importante pensare ad esercitazioni che coinvolgano il maggior numero di giocatori in azioni “attive e sensate”, magari che si allenino da soli (se non è necessario, non lancia l’allenatore, ma un compagno), che predispongano alcuni atleti solo al recupero dei palloni (per velocizzare il tutto).

Altra buona idea è l’accoppiamento dei giocatori più “ribelli” con quelli più ligi. In questo modo, l’assenza di un vice allenatore è compensata (in parte) da un giocatore che sia veramente intenzionato a ben allenarsi. Appurata questa ipotesi, possiamo anche permetterci di lasciar lavorare alcuni giocatori da soli (su esercitazioni chiaramente più semplici e già più volte corrette) e concentrarci su gruppi più piccoli.

Infine, un’idea un po’ meno attuabile. Avendo la palestra 2 ore e mezza (caso rarissimo!) si può pensare di dividere il gruppo in due parti: una parte lavora nella prima mezz’ora (numero ridotto, cioè densità tecnica elevata), poi si fa un’ora e mezza insieme (esercizi di sintesi e globali) e un’ulteriore mezz’ora con il secondo gruppo.

Comunque, questa riflessione era solo derivata dal fatto che certe volte trovo degli esercizi che mi sembrano molto interessanti, ma che nella realtà sono difficilmente attuabili nel mio gruppo. Penso sia un problema anche di altri.

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Tecnica errata o adattamento?

Qualche giorno fa mi sono trovato a parlare con un collega e ormai caro compagno di lavori e discussioni tecniche, Antonio (meglio noto come supersunk), in merito alla questione del bagher d’appoggio. Lui mi esponeva la sua idea di gesto tecnico ed io rispondevo con la mia. Alla fine sono arrivato alla conclusione (forse perché era un argomento che già avevo affrontato, visto che due anni fa la pensavo esattamente come lui) che entrambe sono corrette. Giusto per completezza, riporto le due “teorie assassine”: mente ci troviamo d’accordo sull’importanza di uno spostamento preciso, rapido e repentino e sulla necessità di un piano di rimbalzo saldo, piatto e ben orientato, ci siamo trovati in disaccordo in merito alla questione della meccanica del gesto. Mentre lui sostiene l’importanza di uno spostamento in affondo frontale verso la palla, io sostengo un’importanza maggiore della condizione di equilibrio laterale e quindi preferisco avere giocatori con una base di appoggio ampia e un piede solo leggermente più avanti rispetto all’altro. Ad essere precisi, più che la meccanica, è la postura del gesto ad essere modificata. In effetti, è chiaro che ogni tecnica d’appoggio deve prevedere di andare incontro alla palla, il tutto sta nel definire come farlo.Non vorrei soffermarmi troppo sulla questione del bagher d’appoggio, che è solo un caso specifico del discorso più generale che vorrei affrontare. Si parla sempre di differenze tra errore ed adattamento, ma ci sono almeno due punti che vengono trascurati:

  • Qual è il confine che separa l’errore dall’adattamento
  • Come scegliere cosa insegnare

Per risolvere il primo problema dobbiamo pensare a che cosa sia una tecnica e per quale motivo essa venga introdotta. Penso sia un campo piuttosto interessante, che mi piacerebbe approfondire. Purtroppo, il materiale a mia disposizione in merito non è molto. Posso azzardare, comunque, che una particolare tecnica nasca in seguito ad una serie di adattamenti atti a raggiungere alcuni obiettivi obiettivi:

  1. Migliorare l’efficacia del fondamentale;
  2. Ridurre la fallosità del fondamentale;
  3. Rendere il gesto facilmente apprendibile;

Va aggiunta inoltre una serie di vincoli:

  1. Bisogna rispettare il regolamento di gioco;
  2. Rendere pressoché nulli i rischi di traumi;
  3. Il gesto tecnico deve essere realisticamente allenabile.

Cercando di riassumere, un gesto tecnico deve produrre qualcosa di buono nell’ambito del gioco (tanti punti in pochi errori), essere ammesso dal regolamento, non essere dannoso per i giocatori ed essere realisticamente allenabile. Ovvero, dobbiamo sapere in che modo allenarlo, le qualità fisiche che lo sovrastano e le abilità coordinative richieste. Ad esempio, perché per far punto un giocatore non si fa lanciare dal compagno in aria e poi impatta la palla in rovesciata (tipo calcio)?

  1. E’ vietato servirsi dell’aiuto del compagno nel giocare la palla;
  2. Il gesto tecnico è molto pericoloso (ricaduta);
  3. Il gesto motorio è molto complesso e quindi facilmente soggetto ad errore (elevata fallosità);
  4. Servirebbe una quantità di tempo spropositata per allenarlo.

Mi viene da pensare che le tecniche che utilizziamo ed insegnamo oggi siano frutto di una serie di raffinazioni successive. Partendo dai vincoli, hanno cercato di migliorare gli obiettivi proposti. Pensiamo alle differenti tecniche di muro, o addirittura di rincorsa, tra centrali e schiacciatori. Mi viene da pensare che, originariamente, queste differenze non esistessero. Con l’introduzione di palloni più rapidi, sono stati necessari adattamenti e raffinazioni.

Una volta che siamo riusciti a definire una tecnica, dobbiamo anche individuare cosa è veramente importante e cosa invece non lo sia. A tale scopo mi piace ricordare un esperimento svolto in America qualche decennio fa. Sono stati convocati degli allenatori di tennis, divisi in due categorie: esperti ed inesperti. Sono stati loro mostrati dei video di giocatori ed è stato chiesto di annotare gli errori tecnici riscontrati. Il dato sorprendente, ma del resto atteso dagli organizzatori, è che gli inesperti hanno segnalato una miriade di errori in più rispetto a quelli individuati dagli esperti. Ma come è stato possibile un fatto del genere? Gli allenatori esperti avevano avuto dei problemi? Stavano forse male? Difficile, visto che il numero di allenatori interpellato era elevato, e la possibilità che si verifichi un evento del genere è molto bassa. Ma allora cosa può essere successo? Beh, è quasi incredibile, ma il risultato del test conferma il fatto che l’allenatore esperto normalmente sa cosa è importante e cosa invece non lo è. O meglio, l’esperienza aiuta l’allenatore a capire ciò che è errore tecnico importante e ciò che invece è personale adattamento, errore non tecnico o comunque trascurabile. Ecco allora che l’allenatore esperto è in grado di trascurare i fattori poco importanti, quelli che non dipendono dalla tecnica, quanto da un personale adattamento di un giocatore.

Dobbiamo però ancora capire quale sia il confine dell’adattamento, il limite superato il quale deve scattare repentina la correzione. Anzitutto, dobbiamo specificare le situazioni di partenza. Mi pare logico che tale confine sia funzionale all’età ed all’anzianità sportiva del giocatore. Più un giocatore è esperto, più avrà tecniche personalizzate che, oggettivamente, risulteranno difficili da sistemare, anche se normalmente le considereremmo errate. Proviamo quindi a riferirci ad un giocatore di una squadra giovanile con qualche anno di esperienza. Ad esempio, un Under 16 o Under 18 con almeno 3 anni di esperienza in campionati di categoria.

Ritengo che il confine sia da ricercare nel punto in cui il fondamentale riesce comunque a rispettare gli obiettivi di cui sopra abbiamo parlato. Ovvero: se due particolari tecniche riescono a produrre efficacia e fallosità equivalenti, allora dobbiamo poter parlare di eguaglianza tra essi. Nel caso specifico del bagher di prima, ci sono evidenti motivazioni a favore degli affondi frontali ed altre a favore della stabilità laterale. Basti pensare che il bagher in affondo è quello più insegnato (e, giudicando il fatto che abbiamo prodotto parecchi buoni giocatori negli ultimi anni, direi che funziona bene); d’altro canto, il bagher con piedi molto larghi è quello più utilizzato a livelli alti, quando la palla viaggia molto veloce.

Un secondo esempio: la rincorsa al contrario. Perché è un gesto tecnico da correggere nei giovani? Perché, limitando il numero di colpi forti, produce efficacia minore. Infatti, entrando a rete con angolature diverse, diventa molto improbabile poter giocare alcuni colpi di diagonale (parlando di attacchi da zona 4).

Rimane da affrontare l’ultimo quesito: cosa insegno ad una squadra giovanile? Penso che in questo caso la risposta corretta, a parte quella banale (”ciò che è corretto“), sia “ciò che so insegnare meglio e ciò in cui credo maggiormente“. Tornando al caso specifico del bagher, io preferisco insegnare a tenere le gambe larghe poco più delle spalle, un piede più avanti e lavorare molto sul piano di rimbalzo. Perché credo che sia più facile da insegnare. Perché credo che ricalchi meglio il gioco di alto livello a cui aspiriamo di arrivare con tutti i nostri ragazzi. Perché non credo nel perdere troppo tempo nell’insegnare un affondo, quando abbiamo appurato che non è quello l’importante. Perché vedo risultati migliori in questo modo. Perché credo che l’equilibrio sia importante.

Ciò che mi sento di consigliare caldamente è di non mescolare troppi stili di insegnamento. Mi spiego: se scelgo di lavorare sull’equilibrio, lavoro su quello. Non che ad un giocatore faccio fare quello e ad un altro l’affondo. Se già i miei giocatori sono abituati a fare l’affondo, tuttavia, non ha senso perdere tempo a cambiare la tecnica, perché, come abbiamo ampiamente detto, non è quello che importa!

Una buona pallavolo ed un buon bagher a tutti.

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I giocatori in prova

Ho concluso felicemente la prima settimana di allenamento. Quest’anno alleno un gruppo maschile Under18. Un gruppo in realtà molto giovane. Diciamo, senza troppe pretese e con buoni margini di miglioramento.

L’argomento di cui vorrei parlare oggi è un tema di cui nessuno parla mai, forse perché, in realtà, non vi si attribuisce alcuna importanza. Vorrei spendere due pareri e perplessità in merito ai giocatori in prova nel mese di Settembre. Ritengo che questa possa rivelarsi un’arma a doppio taglio: da un lato la possibilità di integrare il nostro organico di ragazzotti ci intriga (del resto, spesso il target giovanile è anche quello di “far numero”), dall’altra però si pongono alcuni problemi che devono essere affrontati e che saranno il tema di questa pagina.

I problemi di cui dobbiamo occuparci sono molteplici:

  1. Dobbiamo necessariamente portare avanti il nostro programma di preparazione fisico-tecnico-tattica
  2. Non dobbiamo danneggiare il giocatore nuovo
  3. Dobbiamo valutare in poco tempo se si tratta di un potenziale elemento valido
  4. Dobbiamo far “buona impressione”

Il discorso è contestualizzato alla mia squadra, ma penso non si fatichi troppo se lo si prova ad adattare ad una qualsiasi squadra giovanile già pronta dal mese di Giugno, ma comunque disposta a visionare atleti anche a Settembre. E’ un discorso valido solo se parliamo di allenatori che preparano gli allenamenti in base ai giocatori di cui dispongono (spero lo facciano tutti!) e di società in cui, spesso e volentieri, la gente nuova arriva senza preavviso (leggono gli orari di allenamento dal sito web della società, o li chiedono al dirigente).

Nella maggior parte dei casi, non siamo in grado di prevedere quando e in che quantità avremo giocatori in prova. Non sapremo nulla di loro a priori. Questo impone, a mio avviso, il fatto che non si possa pensare ad un allenamento generico, come eventualmente si potrebbe fare a Giugno. Quindi, essenzialmente, l’allenamento è quello che faremmo fare normalmente ai nostri atleti. Con la variabile di qualche potenziale novità.

Il metodo che sto adottando quest’anno è semplice: quando preparo una seduta (almeno così ho fatto questa settimana e farò la prossima, poi direi che il “pericolo gente nuova” potrà essere considerato superato), lascio sempre delle tempistiche un po’ “dilatate“, per poter inserire un turno in cui lavori anche il/i giocatore/i in prova. Se quel giorno non abbiamo nessuno nuovo (ed è capitato), vorrà dire che il tempo in più potrà essere utilizzato per un lavoro “extra” da qualche mio atleta. Sicuramente non è un metodo ottimale, ma penso che sia meglio del preparare una seduta solo per i miei giocatori e dover poi in qualche modo inserire la variabile nuova. Del resto, non possiamo neanche pretendere che il ragazzo passi tutto l’allenamento a raccogliere palloni (è in contraddizione con il problema 4).

Questo metodo funziona benone per la parte tecnica dell’allenamento. Però non può essere adattato alla parte fisica ed a quella tattica. Nella parte fisica dell’allenamento dobbiamo essere bravi ad evitare traumi al nuovo arrivato (problema 2), pertanto è importante non solo limitare intensità e volume degli esercizi, ma anche eliminare alcuni esercizi considerati pericolosi. Ad esempio, un discorso affrontato di recente sul forum di preparazionefisica.it è relativo all’affondo laterale, che, se eseguito in stato di mancato allenamento e con tecnica non corretta, può causare problemi all’adduttore. Considerato che, nella maggior parte dei casi i ragazzi nuovi arrivano dopo diversi mesi di ozio totale, è bene valutare con attenzione la possibilità di escluderlo da alcune esercitazioni che, magari, per il resto dei giocatori sono già applicabili.

L’aspetto tattico, infine, non mi ha ancora fornito indicazioni interessanti, nel senso che quando devo valutare qualcosa con i miei ragazzi relativamente ad una strategia di gara (ad esempio, riguardare le rotazioni di CP o il sistema di BP), non posso fare a meno che annoiare il nuovo. Ritengo che, se da un lato questo potrebbe risultare noioso (problema numero 4), dall’altro potrebbe anche entusiasmarlo il fatto di vedere qualcosa di “figo”. O almeno, io quando ero più piccolino mi appassionavo un sacco nel vedere gli schemi di gioco.

Nel caso si disponga di un aiutante, è bene sfruttare al massimo questa possibilità, ed utilizzare, ad esempio, i momenti di tattica o di tecnica individuale per valutare le capacità tecniche del nuovo arrivato, almeno da un punto di vista potenziale. Com’è il suo tocco di palleggio? Com’è, nel complesso, il bagher? E’ in grado di fare una piazzata da terra? Pensiamo potrebbe essere utile al gruppo? Prima riusciamo a fare questa valutazione, prima riusciamo ad inserire il ragazzo nel gruppo. L’aspetto psicologico è molto importante: se abbiamo trovato un potenziale buono, qualche parola di elogio (magari davanti ai genitori?) potrebbe convincerlo definitivamente ad entrare nel gruppo. Viceversa, se capiamo che il ragazzo non è minimamente al livello del nostro gruppo, possiamo suggerire l’inserimento in una squadra più giovane (magari solo per qualche mese?).

A questo punto non mi resta che sentire il parere di chiunque abbia voglia di esprimerlo. Come gestite voi questa situazione? Improvvisate? Se sì, come? Programmate? In che modo?

Una buona settimana di pallavolo a tutti.

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