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Considerazioni sull’allenamento Under 16 Maschile

A circa un anno di distanza dal precedente lavoro sull’U14 maschile, sono oggi a proporre il “sequel” di quel documento, incentrato questa volta sulla categoria Under 16 maschile. Come nell’altro caso, si tratta di una serie di considerazioni e appunti accumulati in un anno con la squadra che ho allenato a Modena.

Di seguito il link per il download in due versioni (una più adatta alla stampa, una più indicata per la visualizzazione su PC/Tablet) e la descrizione di tutte le parti del documento.

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Introduzione: Under 16 maschile

L’anno scorso, dopo il mio primo anno alla guida di un gruppo Under 14, ho pensato di raccogliere idee, congetture, metodologie ed esercizi utilizzati durante la stagione, per comporre un documento – schematico e il più possibile pratico – che potesse essere per me una relazione e per chiunque fosse interessato uno spunto per il proprio lavoro.

Quest’anno ho invece lavorato con un gruppo Under 16, sempre maschile, formato in gran parte dai “miei vecchi U14”, più qualche inserimento. Vista la personale soddisfazione del lavoro pubblicato la scorsa stagione, quest’anno ho deciso di iniziare fin da subito a predisporre il materiale per una relazione finale sotto forma di diapositive: il risultato è questo documento.

Il vantaggio di partire da subito con l’idea di una relazione finale è che, così facendo, questo documento non riporta stralci, spezzoni o riadattamenti del lavoro di quest’anno…riporta proprio il lavoro stesso! L’unica variazione fatta, naturalmente, è stata quella di eliminare alcune informazioni “riservate”, ossia specifiche dei ragazzi che ho allenato.

Come per l’altro documento, questo elaborato non potrà essere completo, non potrà contenere verità assolute, non potrà essere sempre chiaro ed esaustivo: l’obiettivo è che, semplicemente, sia qualcosa.

Contesto

  • Contesto di lavoro
  • Il problema più grosso

Atleti

  • Tipologie di atleti
  • La ricerca del talento
  • Tipologie di talento secondo il CQN

Programmazione

  • Scopi delle programmazioni: gerarchia delle programmazioni
  • Programmazione annuale
  • Programmazione dei macro-cicli
  • Programmazione dei meso-cicli
  • Programmazione settimanale
  • Programmazione delle singole sedute

Programmazione annuale

  • Obiettivi
  • Programmazione degli obiettivi annuali
  • Programmazione dei contenuti: macro-obiettivi, micro-obiettivi e loro importanza
  • Programmazione delle pre-condizioni
  • Programmazione dei tempi

Programmazione dei macro-cicli

  • La fase di introduzione
  • La fase preparatoria
  • Le tre fasi agonistiche
  • La fase transitoria

Programmazione dei meso-cicli

  • Struttura tipica di un meso-ciclo: obiettivi e legame con gli obiettivi della programmazione annuale
  • Struttura della “settimana tipo”

Programmazione settimanale

  • Obiettivi

Programmazione e costruzione della seduta di allenamento

  • Analisi dei vincoli di programmazione
  • Definizione degli obiettivi della seduta
  • Parte di attivazione motoria
  • Parte di attivazione fisico-tecnica
  • Parte tecnica principale
  • Attacco
  • Parte situazionale
  • Defaticamento
  • Strutture differenti
  • Variabilità delle programmazioni

Obiettivi del Direttore Tecnico

  • La figura del Direttore Tecnico
  • Come fare in assenza di un Direttore Tecnico?
  • Obiettivi del Direttore Tecnico

Obiettivi tecnici

  • Obiettivi assoluti
  • Percorso di alzata per alzatori e alzata per tutti
  • Battuta-Ricezione in tutti i modi
  • Altezza e potenza del colpo d’attacco lungo rincorsa
  • Costruzione di 2 tempi per l’attacco
  • Correlazione con il “prima” e con il “dopo”
  • Direzionamento del colpo d’attacco
  • Percorso didattico sul muro
  • Difesa
  • Obiettivi per U14

Programmazione fisica

  • Fasi sensibili
  • Priorità per le singole capacità condizionali
  • Struttura settimanale classica
  • Sovraccarichi (cenni)

Periodo introduttivo

  • Obiettivi
  • Struttura settimanale
  • Dettagli sedute (18 sedute)

Periodo preparatorio

  • Schema tipo settimanale
  • Obiettivi settimanali per fondamentale

Obiettivi individuali

  • Definizione

Modelli tecnici – Palleggio

  • Palleggio frontale d’alzata (focus: azione elastica delle mani)
  • Palleggio d’alzata rovesciato
  • Priorità per gli alzatori
  • Palleggio in sospensione e in salto
  • Gestione palloni sulla rete
  • Compiti delle dita nel palleggio
  • Gestione traiettorie
  • Personalità

Modelli tecnici – Bagher

  • Bagher d’appoggio frontale
  • Bagher d’appoggio obliquo
  • Bagher laterale di ricezione
  • Intervento su palla corta
  • Palleggio d’appoggio
  • Ricezione
  • Preparazione della ricezione
  • “Scuola di ricezione”
  • Ricezione servizi salto spin

Modelli tecnici – Attacco

  • Rincorsa d’attacco
  • Braccio d’attacco
  • Punto di impatto
  • Attacco di secondo tempo
  • Attacco di palla Super esterna (focus: tempi della Super)
  • Attacco di palla Alta esterna
  • Attacco di palla Tre

Modelli tecnici – Battuta

  • Battuta float
  • Battuta salto float
  • Battuta salto spin
  • Direzionamento battuta

Modelli tecnici – Muro

  • Muro sul posto
  • Muro dopo traslocazione
  • Muro di gruppo

Modelli tecnici – Difesa

  • Tipologie di difesa
  • Zone obiettivo
  • Considerazioni varie
  • Posture
  • Contenimenti
  • Fasce di intervento
  • Difesa nella figura
  • Difesa acrobatica laterale
  • Difesa acrobatica frontale

Modello tattico di riferimento – Introduzione

  • Obiettivi
  • Sviluppo tecnico e tattico
  • Flusso di gioco

Modello tattico di riferimento – Fase Cambio Palla

  • Analisi rotazioni
  • Sistema 6-2 e dettaglio schemi di ricezione (P1, P6, P5 e varianti)
  • Sistema 5-1 e dettaglio schemi di ricezione
  • Rotazioni: principi generali
  • Adattamento sulla zona di servizio
  • Larghezza dei ricevitori
  • Distanza da rete e intervento prioritario
  • Valutazione della traiettoria
  • Classificazione battitori (a priori e a posteriori)
  • Eccezioni in ricezione
  • Alzata
  • Chiamate per l’attacco (schemi d’attacco)
  • Base del centrale
  • Distribuzione con ricezione lungo la rete
  • Gioco a rete stretta e in combinazione
  • Scelte di distribuzione: criteri ed evidenze
  • Tipi di alzata
  • Tattica individuale del colpo d’attacco
  • Eccezioni in attacco

Modello tattico di riferimento – Fase Break Point

  • Analisi rotazione avversaria
  • Rischi al servizio
  • Schemi collettivi al servizio
  • Schemi collettivi muro-difesa
  • Posizioni d’attesa base
  • Cronologia minacce
  • Eccezioni in attesa
  • Classificazione attaccanti
  • Obiettivo difesa
  • Le chiamate di muro
  • Sistemi muro-difesa 2-1-3, 2-0-4
  • Sistemi muro-difesa contro attacco dal centro e lungo la rete
  • Analisi ricezione avversaria
  • Eccezioni a muro
  • Free ball
  • No-Muro
  • Fase di difesa ed eccezioni
  • Keypoint tecnici: Muro e Difesa
  • Organizzazione contrattacco
  • Ricostruzione
  • Sistema di copertura
  • Copertura minima a doppia L
  • Copertura estesa ad archi di circonferenza
  • Tecnica e tattica individuale di copertura
  • Riassunto responsabilità
  • La nostra filosofia di gioco

Metodologia

  • Principi
  • Scala di priorità
  • Gestione allenamenti
  • Fogli presenze e rendimenti
  • Lavoro a stazioni
  • Allenamento dei fondamentali: caratteristiche e problematiche
  • Strategie di rilevazione e correzione degli errori tecnici e tattici
  • L’errore grave
  • Riunione pre-gara
  • Riscaldamento pre-gara
  • Gestione time-out
  • Studio dell’avversario

Analisi statistica

  • Analisi dei punti
  • Analisi delle situazioni
  • Modello Trofeo delle Province Bologna Maschile, 2011/2012

Gestione del gruppo

  • Il ruolo dell’allenatore
  • La costruzione della squadra
  • Il capitano
  • La doccia
  • Politiche di turn over
  • Politiche titolari e riserve
  • Rapporto con i genitori
  • Rapporto con i dirigenti
  • Regole generali di squadra
  • Regole per i collegiali

Eserciziario

  • Esercitazioni per il riscaldamento
  • Esercitazioni per il riscaldamento tecnico e la tecnica di base
  • Esercitazioni per gli alzatori (focus: intensivo alzatore)
  • Esercitazioni per battuta e ricezione
  • Esercitazioni per l’attacco
  • Esercitazioni per il muro
  • Esercitazioni per la difesa
  • Verso il sintetico
  • Esercitazioni globali
  • Esempi di schede fisiche

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Considerazioni sull’allenamento Under14 Maschile, parte 1: Organizzazione e Metodologia

Questa serie di articoli è una specie di “diario di bordo” dei miei pensieri, programmi, problemi, possibili soluzioni di quest’anno (2010/2011) da allenatore di un gruppo Under 14 maschile a Modena. Per me è stato il primo anno da allenatore di questa categoria, così ho avuto occasione di ragionare su molti aspetti per me nuovi e molto stimolanti. Cercherò in questi articoli di proporre tutti i temi che ho affrontato e i modi di lavorare che ho adottato in palestra. per poter avere consigli e pareri da chi ha più esperienza di me in questo campo. In questo primo articolo parlo di metodologia e organizzazione della stagione, nei prossimi parlerò più nel dettaglio di programmazione, contenuti tecnici ed esercizi maggiormente utilizzati.

[important]Per un documento completo di fine stagione sulla programmazione U14, si rimanda all’apposito articolo completo.[/important]

Introduzione

Il gruppo preso in considerazione è un gruppo di atleti, 16 per la precisione (dopo un periodo di “aggiunte iniziali”), abbastanza equamente divisi tra primo e ultimo anno di Under 14.  La maggior parte di loro ha una anzianità di gioco superiore ai 5-6 anni (partendo dal miniVolley): sembra un dato trascurabile, ma mi sono reso ben presto conto di come di fatto non lo sia per niente! Io ero convinto, infatti, che in Under 14 l’obiettivo principale dell’allenamento fosse più che altro un insegnamento tecnico, ma è evidente che in giocatori di anzianità di gioco così elevata esistono già alcuni automatismi (purtroppo molto spesso errati) e quindi il processo è già di alta correzione, piuttosto che di insegnamento da zero.

Il gruppo partiva da una base tecnica piuttosto scarsa, con 6-7 giocatori di discreta qualità e gli altri più indietro. In generale, tutti partivano con dei grossi limiti fisici, soprattutto in altezza. A questo livello, chiaramente, questo implica alcune conseguenze, di cui si discuterà in seguito, sulle programmazioni tecniche e sugli obiettivi agonistici raggiungibili. Ritengo comunque che a questa età, soprattutto per i maschi, ogni previsione sullo sviluppo sia un po’ azzardata, e ci si possa limitare solo a fare delle ipotesi basandosi su alcuni segni del corpo (ad esempio, i peli sulle gambe) e sull’altezza dei genitori.

Altri paragrafi

  • Volume di allenamento e di gara
  • Tipologia di attività
  • Scala di priorità
  • Rapporto allenatore – atleti
  • Costruzione di una squadra
  • Rapporto con i genitori
  • Metodologia di allenamento
  • Gestione gara

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L’allenamento dell’allenatore

CoachGrazie ad alcuni esercizi che ho visto sul VCS e ad un piccolo scambio di battute sulla TagBoard, mi sono trovato a meditare sul’aspetto dell’allenamento dell’allenatore. Mi sono posto alcuni interrogativi su quali siano le capacità tecniche che un buon allenatore deve possedere. Penso che l’imprescindibilità di alcune caratteristiche tecniche sia indiscutibile: a qualsiasi livello, non è possibile pensare di allenare in modo sufficientemente efficace senza avere il controllo diretto e completo di alcune esercitazioni. Ad esempio, spesso, per dare ritmo, è necessario lavorare in fasi analitiche con lanci dell’allenatore, che, in questo modo, può modulare ritmo, intensità, difficoltà, per ogni singolo giocatore. Tuttavia, per poter perseguire questo “sogno”, è necessario possedere alcune capacità, di cui in seguito parleremo.

Anzitutto, ragioniamo sugli obiettivi:

  • Poter allenare
  • Poter garantire tante ripetizioni in poco tempo
  • Necessitare di riscaldamento limitato o nullo
  • Garantire la propria incolumità fisica

Entrando nello specifico, ci sono almeno queste capacità che un allenatore dovrebbe possedere:

  • Lancio a due mani da sotto
  • Servizio dal basso
  • Piazzata da terra
  • Servizio floating
  • Attacco da terra
  • Colpo d’attacco senza salto
  • Colpo di pallonetto senza salto

Proverò, di seguito, a dire due parole su ciascuna capacità tecnica.

Lanci a due mani da sotto

Sono fondamentali, a mio avviso, per l’allenamento dell’attacco a livello giovanile. Dobbiamo poter garantire elevata precisione in profondità e lunghezza. In altre parole, la palla deve cadere proprio nel punto giusto. Ma c’è un altro aspetto da tenere presente, ossia l’altezza. E’ infatti necessario poter garantire, per ogni tipo di zona (4, 3, 2) lanci di tre differenti tipologie:

  • Lancio alto (oltre 3 metri sopra la rete) per allenare il terzo tempo ed il contrattacco
  • Lancio di secondo tempo, utilizzato per le esercitazioni analitiche di attacco in cui non si vuole focalizzare l’attenzione sul tempo di rincorsa
  • Lancio di primo tempo, utilizzato nelle prime fasi dell’apprendimento per limitare le componenti di valutazione della palla al giocatore

Il lancio alto, inoltre, richiede di poter essere preciso od impreciso, di partire da diverse parti del campo e così via. Ad ogni modo, già possedere la capacità di eseguire lanci alti da sotto la rete, è un buon passo avanti.

Per allenarsi in questo, senza avere a disposizione troppi strumenti, sono sufficienti il canestro del basket e due cesti di palloni. Il primo si posiziona sotto il canestro, il secondo vicino all’allenatore. Posizioniamoci quindi a distanze “ragionevoli” ed iniziamo ad effettuare dei lanci, valutandoci di volta in volta e prefiggendoci obiettivi, a seconda di quale livello alleniamo. Ad esempio, potrebbe essere sensato considerare l’errore in profondità molto più grave di quello in lunghezza, perché aggiunge una componente tecnica non indifferente all’attacco. Ove possibile, chiaramente, si può sostituire il canestro con un canestro mobile posto direttamente sotto rete e il cesto sotto il canestro con un assistente (il vice allenatore?).

Un aspetto che consiglio di non sottovalutare è la possibile differenza di precisione nei lanci verso destra o verso sinistra. Io, ad esempio, ho notato che lancio molto meglio in Zona 2, che in Zona 4. Questo è un aspetto da gestire e non sottovalutare, poiché l’allenamento dell’attacco non può prescindere da nostre limitazioni.

Servizio dal basso

Così come il lancio da sotto è il fondamentale necessario per l’allenamento dell’attacco, il servizio dal basso è quello utilizzato per l’allenamento delle fasi di giocata e rigiocata, di appoggio, di ricezione, di ricostruzione. Dobbiamo essere in grado di direzionare il servizio da sotto in ogni zona (quanto meno, nelle tre fasce laterali e con una buona modularità di lunghezza), sia come servizio teso, che come servizio molto a parabola. Personalmente, utilizzo tantissimo il servizio dal basso in sostituzione del servizio in gara, per aumentare il ritmo di gioco ed eliminare da alcune fasi globali alcune variabili (il servizio ne introduce troppe).

L’esecuzione tecnica può essere differente ed adattabile, anche se di norma vedo colpi con la spalle bloccata e colpi gestiti solo con l’azione dell’avambraccio mediante rotazione del gomito. Il colpo è di norma effettuato con il pugno chiuso, per favorire il controllo della palla e la possibilità di modulare meglio i colpi.

Nei primi tempi di allenamento, io non ero assolutamente in grado di servire dal basso. Venendo dalla pallavolo giocata, infatti, avevo abbandonato il servizio dal basso ai tempi dell’U13. Penso che questo sia stato un problema anche di tanti altri allenatori, all’inizio. Ad ogni modo, sostituire il servizio da sotto con un lancio da sotto non è, in alcuni casi, da considerarsi come un fatto negativo. L’unico vantaggio del servizio, in alcuni casi è, a mio avviso, un maggior controllo delle traiettorie lunghe. Per allenarsi non resta che iniziare contro la parete, poi su distante brevi da rete e allontanandosi via via dalla stessa.

Aspetto importante è il punto di partenza del servizio. In generale, credo serva poter saper battere da dentro il campo (fasi di allenamento analitico o sintetico), ma anche da fuori, da ambedue i lati (fasi di gioco). Infine, può essere necessario anche saper battere da fondo campo, senza perdere eccessivamente in precisione.

Piazzata da terra

Entra in gioco nell’allenamento delle fasi di rigiocata e, in particolare, quando si vuol far partire un’azione da una difesa. Infatti, allenare la difesa partendo dall’attacco, specie con squadre giovani, è un sogno molto spesso irrealizzabile. Ci sono troppe variabili d’errore e, molto spesso, i palloni toccati sono troppo pochi. In fasi di gioco è necessario poter attaccare palloni di media potenza addosso o vicino ai giocatori, per poterli allenare ad una semplice difesa.

Dal punto di vista tecnico, spesso si tende a limitare l’utilizzo della spalla, in questi colpi, a favore di un colpo più basso e gestito con il movimento del polso.

Anche in questo caso, attenzione alla simmetria del colpo, alla possibilità di direzionare il colpo su tutte le zone (quanto meno, quelle direttamente frontali o leggermente laterali), alla necessità di rendere il colpo impegnativo ma non impossibile (e quindi cura delle traiettorie e dei punti di caduta del pallone) e, ove possibile, anche alla necessità di vedere, in visione periferica, i posizionamenti dei giocatori in difesa.

Servizio floating

Molto spesso è necessario disporre di un servizio floating sufficientemente “flottante” e decisamente poco falloso, per dare continuità agli esercizi di ricezione.

Altri colpi d’attacco

Oltre al colpo piazzato, è necessario, per allenare analiticamente la difesa, disporre di colpi d’attacco forti, con braccio alto e veloce, con pallonetti e finte. Questi colpi devono poter essere eseguiti sia da terra che da sopra plinti o tavoli. Sarebbe importante saper gestire sia i colpi forti dritti (con discreta precisione), che quelli più lenti ed angolati (movimenti in intrarotazione ed extrarotazione).

L’ultima osservazione, in fase di auto-allenamento, è che, al contrario di quanto richiediamo ai nostri giocatori giovani, a noi non interessa la tecnica di esecuzione, ma solo l’effetto. I colpi d’attacco devono essere alti, direzionabili e modulabili in forza, senza poi particolare attenzione alla tecnica esecutiva (lancio, caricamento e così via).

Riguardo al riscaldamento, in linea di principio i lanci, i servizi da sotto e le piazzate non dovrebbero richiedere un riscaldamento eccessivo. Al contrario, credo sia bene non “avventurarsi” in lavori troppo traumatici per la spalla (servizio, attacco) senza un adeguato riscaldamento a priori, specie se il numero di ripetizioni che andremo ad eseguire sarà elevato ed in tempi ridotti.

Buon autoallenamento a tutti.

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Il buon allenatore

Questa sera, al corso allenatori, durante una parentesi informale della propria lezione, un docente ci ha domandato quali fossero per noi le caratteristiche di un buon allenatore. Le tre opzioni che sono emerse sono le seguenti:

  • Conoscenze
  • Motivatore
  • Non scendere a compromessi

Ora,  preciso subito che l’opzione che ho proposto io è la prima. E ritengo sia veramente quella più importante. Prima di tutto, a mio avviso, un allenatore deve essere competente. Deve sapere ciò che sta macinando.

Le conoscenze sono di vario tipo:

  • Tecniche
  • Tattiche
  • Fisiche
  • Psicologiche

Al primo posto pongo anzitutto le conoscenze tecnico-tattiche, che sono indispensabili, a mio avviso, per un buon allenatore. Diceva Galileo, prima la teoria e poi la pratica. Non credo che un buon allenatore possa prescindere dall’avere delle solide basi teoriche alle spalle. Non mi piace quando ai corsi mi dicono: “Meglio un allenatore che sa poche cose, ma le sa applicare tutte, piuttosto che uno che ne sa tante, ma ne sa applicare poche“. Non mi piace perché è vaga e sembra che crei alibi all’ignoranza. Dal mio punto di vista, non dovrebbero nemmeno esistere allenatori che sanno “poche cose”, dove io intendo che sia sottintesa l’espressione “in relazione al livello che allenano”. Certo, se alleno l’Under 12, non è necessario che abbia le stesse conoscenze che hanno in serie A1, ma ci sono cose da cui non posso prescindere. Che senso ha parlare di un allenatore che, allenando un Under12, sappia applicare benissimo il palleggio, ma poi non sappai neanche cosa sia un bagher?

Non so se riesco ad essere chiaro: a mio avviso non dovrebbero esistere allenatori che sanno poche cose. E’ un po’ come dire che, siccome l’ortopedico si occupa di ossa, egli non debba essere a conoscenza di come funzioni l’apparato circolatorio. Vi piacerebbe sapere che il medico che ha in mano il vostro ginocchio, non sa nemmeno la differenza tra vene e arterie? Il discorso dell’applicare i concetti è molto vero (infatti, ogni medico è specializzato in un particolare campo), ma ritengo che sia un fatto che si possa accumulare con l’ingegno, l’esperienza e la passione. Invece, la conoscenza dipende quasi esclusivamente da una forma di studio (non necessariamente sui libri), quindi non è un regalo che si ottiene “grazie al tempo”! Se vuoi svolgere un lavoro con professionalità, devi prima imparare la teoria che lo sovrasta. Assumereste mai, nella vostra officina, un meccanico che sa solo montare e smontare sportelli? Sicuramente preferireste uno con solide basi alle spalle, anche se magari non ancora del tutto pratico nell’attività vera e propria.

Così come il medico ha in mano una vita (perdonate l’analogia un po’ grottesca e inopportuna, è solo per capirsi) e il meccanico un’automobile, allo stesso modo l’allenatore ha in mano le carriere dei suoi giocatori. Non può credere di allenarli a dovere, se non ha le conoscenze per farlo.

Due parole anche sulle altre conoscenze da me citate: le conoscenze fisiche sono un problema serio, perché, allo stato attuale, gli insegnamenti offerti agli allenatori sono miseri e, ahimé, raramente si ha a disposizione un preparatore. Tuttavia, credo che, quanto meno, le basi per evitare di fare danni dovrebbero esserci. Siano esse fornite ai corsi, o dai libri, o da Internet. Sono imprescindibili. Le conoscenze psicologiche, infine, sono quelle relative alla memorizzazione dell’informazione, alla lettura dello stato d’animo del giocatore, alla conoscenza di cosa sia meglio dire e cosa sia meglio non dire in determinati momenti dell’allenamento e/o della gara.

Una precisazione sul terzo punto, il non scendere a compromessi. Non credo possa essere una qualità per un allenatore. Quanto più una caratteristica umana. Nel senso: spesso è necessario scendere a compromessi, con atleti, dirigenti e così via. Rimanegono solo due punti importanti: la coerenza e l’agire con buon senso. Ma, francamente, credo che queste due caratteristiche non siano proprie di un allenatore, quanto più di un qualsiasi individuo che debba dirigere un team di qualsiasi tipo.

Concludendo, secondo me, dalle conoscenze non si prescinde. Puoi essere un gran motivatore, un passionale che trascina i cuori della gente, ma, se non hai conoscenze, non potrai mai essere un allenatore veramente valido. Non parlo né per esperienza, né in modo autobiografico. Semplicemente, essendo io un giovanissimo allenatore ancora in fase di formazione, esprimo il concetto di ciò che io miro: io aspiro a diventare un allenatore anzitutto competente. Poi, se ci sarà anche il resto, ancora meglio.

Detto questo, non intendo dire che un allenatore che non sia un’enciclopedia non debba poter allenare. Altrimenti neanche io dovrei poterlo fare. Le dirette conseguenze di quello che dico sono così riassumibili:

  • Bisognerebbe sempre perseguire un miglioramento conoscitivo del proprio sport, senza mai pensare di essere arrivati
  • Dovendo stilare una graduatoria dei migliori allenatori, li ordinerei in base alle conoscenze

Spero possa nascere una discussione costruttiva.

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I giocatori coinvolti in un’esercitazione

Grazie soprattutto al VCS, sto avendo il piacere di vedere tanti nuovi esercizi più o meno conosciuti. Veramente una bella esperienza, che però va sfruttata per dare spunto a riflessioni e discussioni costruttive.
Il punto su cui vorrei soffermarmi oggi è l’aspetto organizzativo. Cercherò di spiegarmi.Dal punto di vista puramente metodico, dobbiamo tener presenti alcuni aspetti di un’esercitazione:

  • Il tempo necessario per predisporlo
    • Tempo necessario per predisporre le attrezzature necessari
    • Tempo necessario per spiegarlo
    • Tempo necessario ai giocatori per capire il meccanismo
  • Lo spazio palestra occupato
    • Quanti campi sono necessari
    • Quanto spazio rimane per ulteriori esercitazioni e che tipo di spazio rimane
    • Quanto spazio è sprecato (ad esempio, se attacchiamo sulla parallela senza difensore, la parallela e anche la Zona 6 del campo opposto sono “spazi sprecati“, poiché non riutilizzabili per altri esercizi indipendenti)
  • Il tempo necessario per farlo eseguire a tutti i giocatori che ci interessano
  • Il numero di palloni richiesti e l’ubicazione dei cesti/carrelli
    • Legato al ritmo dell’esercitazione
    • Legato al numero di ceste/carrelli disponibili
    • Legato alle altre esercitazioni (essendo il numero di cesti limitato, dobbiamo scegliere posizioni strategiche e considerare i tempi per andare a prendere i palloni)
  • L’autonomia dell’esercizio
    • Se l’allenatore deve lanciare o può solo osservare e correggere
    • Come avviene il recupero fisiologico
    • Come avviene il recupero dei palloni
    • Analisi della densità tecnica (ripetizioni ravvicinate di un gesto)

Una volta sviluppata questa analisi, è necessario valutare se veramente l’esercizio è attuabile. Faccio un esempio: ho 14 giocatori in palestra. Non posso certo permettermi di fare un’esercitazione che occupi 2/3 del campo per 3 giocatori. Posso permettermelo per pochi minuti, altrimenti dopo diventa un caos. Per di più, se sono coinvolto in maniera diretta nell’esercizio, non posso nemmeno verificare che gli altri atleti stiano effettivamente lavorare.

Mi riferisco specialmente agli esercizi analitici, dove necessitiamo di ripetizioni ravvicinate (elevata densità tecnica) e correzioni continue. Se non disponiamo di un vice – allenatore, di un amico in palestra o di qualsiasi cosa affine, è molto importante pensare ad esercitazioni che coinvolgano il maggior numero di giocatori in azioni “attive e sensate”, magari che si allenino da soli (se non è necessario, non lancia l’allenatore, ma un compagno), che predispongano alcuni atleti solo al recupero dei palloni (per velocizzare il tutto).

Altra buona idea è l’accoppiamento dei giocatori più “ribelli” con quelli più ligi. In questo modo, l’assenza di un vice allenatore è compensata (in parte) da un giocatore che sia veramente intenzionato a ben allenarsi. Appurata questa ipotesi, possiamo anche permetterci di lasciar lavorare alcuni giocatori da soli (su esercitazioni chiaramente più semplici e già più volte corrette) e concentrarci su gruppi più piccoli.

Infine, un’idea un po’ meno attuabile. Avendo la palestra 2 ore e mezza (caso rarissimo!) si può pensare di dividere il gruppo in due parti: una parte lavora nella prima mezz’ora (numero ridotto, cioè densità tecnica elevata), poi si fa un’ora e mezza insieme (esercizi di sintesi e globali) e un’ulteriore mezz’ora con il secondo gruppo.

Comunque, questa riflessione era solo derivata dal fatto che certe volte trovo degli esercizi che mi sembrano molto interessanti, ma che nella realtà sono difficilmente attuabili nel mio gruppo. Penso sia un problema anche di altri.

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Tecnica errata o adattamento?

Qualche giorno fa mi sono trovato a parlare con un collega e ormai caro compagno di lavori e discussioni tecniche, Antonio (meglio noto come supersunk), in merito alla questione del bagher d’appoggio. Lui mi esponeva la sua idea di gesto tecnico ed io rispondevo con la mia. Alla fine sono arrivato alla conclusione (forse perché era un argomento che già avevo affrontato, visto che due anni fa la pensavo esattamente come lui) che entrambe sono corrette. Giusto per completezza, riporto le due “teorie assassine”: mente ci troviamo d’accordo sull’importanza di uno spostamento preciso, rapido e repentino e sulla necessità di un piano di rimbalzo saldo, piatto e ben orientato, ci siamo trovati in disaccordo in merito alla questione della meccanica del gesto. Mentre lui sostiene l’importanza di uno spostamento in affondo frontale verso la palla, io sostengo un’importanza maggiore della condizione di equilibrio laterale e quindi preferisco avere giocatori con una base di appoggio ampia e un piede solo leggermente più avanti rispetto all’altro. Ad essere precisi, più che la meccanica, è la postura del gesto ad essere modificata. In effetti, è chiaro che ogni tecnica d’appoggio deve prevedere di andare incontro alla palla, il tutto sta nel definire come farlo.Non vorrei soffermarmi troppo sulla questione del bagher d’appoggio, che è solo un caso specifico del discorso più generale che vorrei affrontare. Si parla sempre di differenze tra errore ed adattamento, ma ci sono almeno due punti che vengono trascurati:

  • Qual è il confine che separa l’errore dall’adattamento
  • Come scegliere cosa insegnare

Per risolvere il primo problema dobbiamo pensare a che cosa sia una tecnica e per quale motivo essa venga introdotta. Penso sia un campo piuttosto interessante, che mi piacerebbe approfondire. Purtroppo, il materiale a mia disposizione in merito non è molto. Posso azzardare, comunque, che una particolare tecnica nasca in seguito ad una serie di adattamenti atti a raggiungere alcuni obiettivi obiettivi:

  1. Migliorare l’efficacia del fondamentale;
  2. Ridurre la fallosità del fondamentale;
  3. Rendere il gesto facilmente apprendibile;

Va aggiunta inoltre una serie di vincoli:

  1. Bisogna rispettare il regolamento di gioco;
  2. Rendere pressoché nulli i rischi di traumi;
  3. Il gesto tecnico deve essere realisticamente allenabile.

Cercando di riassumere, un gesto tecnico deve produrre qualcosa di buono nell’ambito del gioco (tanti punti in pochi errori), essere ammesso dal regolamento, non essere dannoso per i giocatori ed essere realisticamente allenabile. Ovvero, dobbiamo sapere in che modo allenarlo, le qualità fisiche che lo sovrastano e le abilità coordinative richieste. Ad esempio, perché per far punto un giocatore non si fa lanciare dal compagno in aria e poi impatta la palla in rovesciata (tipo calcio)?

  1. E’ vietato servirsi dell’aiuto del compagno nel giocare la palla;
  2. Il gesto tecnico è molto pericoloso (ricaduta);
  3. Il gesto motorio è molto complesso e quindi facilmente soggetto ad errore (elevata fallosità);
  4. Servirebbe una quantità di tempo spropositata per allenarlo.

Mi viene da pensare che le tecniche che utilizziamo ed insegnamo oggi siano frutto di una serie di raffinazioni successive. Partendo dai vincoli, hanno cercato di migliorare gli obiettivi proposti. Pensiamo alle differenti tecniche di muro, o addirittura di rincorsa, tra centrali e schiacciatori. Mi viene da pensare che, originariamente, queste differenze non esistessero. Con l’introduzione di palloni più rapidi, sono stati necessari adattamenti e raffinazioni.

Una volta che siamo riusciti a definire una tecnica, dobbiamo anche individuare cosa è veramente importante e cosa invece non lo sia. A tale scopo mi piace ricordare un esperimento svolto in America qualche decennio fa. Sono stati convocati degli allenatori di tennis, divisi in due categorie: esperti ed inesperti. Sono stati loro mostrati dei video di giocatori ed è stato chiesto di annotare gli errori tecnici riscontrati. Il dato sorprendente, ma del resto atteso dagli organizzatori, è che gli inesperti hanno segnalato una miriade di errori in più rispetto a quelli individuati dagli esperti. Ma come è stato possibile un fatto del genere? Gli allenatori esperti avevano avuto dei problemi? Stavano forse male? Difficile, visto che il numero di allenatori interpellato era elevato, e la possibilità che si verifichi un evento del genere è molto bassa. Ma allora cosa può essere successo? Beh, è quasi incredibile, ma il risultato del test conferma il fatto che l’allenatore esperto normalmente sa cosa è importante e cosa invece non lo è. O meglio, l’esperienza aiuta l’allenatore a capire ciò che è errore tecnico importante e ciò che invece è personale adattamento, errore non tecnico o comunque trascurabile. Ecco allora che l’allenatore esperto è in grado di trascurare i fattori poco importanti, quelli che non dipendono dalla tecnica, quanto da un personale adattamento di un giocatore.

Dobbiamo però ancora capire quale sia il confine dell’adattamento, il limite superato il quale deve scattare repentina la correzione. Anzitutto, dobbiamo specificare le situazioni di partenza. Mi pare logico che tale confine sia funzionale all’età ed all’anzianità sportiva del giocatore. Più un giocatore è esperto, più avrà tecniche personalizzate che, oggettivamente, risulteranno difficili da sistemare, anche se normalmente le considereremmo errate. Proviamo quindi a riferirci ad un giocatore di una squadra giovanile con qualche anno di esperienza. Ad esempio, un Under 16 o Under 18 con almeno 3 anni di esperienza in campionati di categoria.

Ritengo che il confine sia da ricercare nel punto in cui il fondamentale riesce comunque a rispettare gli obiettivi di cui sopra abbiamo parlato. Ovvero: se due particolari tecniche riescono a produrre efficacia e fallosità equivalenti, allora dobbiamo poter parlare di eguaglianza tra essi. Nel caso specifico del bagher di prima, ci sono evidenti motivazioni a favore degli affondi frontali ed altre a favore della stabilità laterale. Basti pensare che il bagher in affondo è quello più insegnato (e, giudicando il fatto che abbiamo prodotto parecchi buoni giocatori negli ultimi anni, direi che funziona bene); d’altro canto, il bagher con piedi molto larghi è quello più utilizzato a livelli alti, quando la palla viaggia molto veloce.

Un secondo esempio: la rincorsa al contrario. Perché è un gesto tecnico da correggere nei giovani? Perché, limitando il numero di colpi forti, produce efficacia minore. Infatti, entrando a rete con angolature diverse, diventa molto improbabile poter giocare alcuni colpi di diagonale (parlando di attacchi da zona 4).

Rimane da affrontare l’ultimo quesito: cosa insegno ad una squadra giovanile? Penso che in questo caso la risposta corretta, a parte quella banale (”ciò che è corretto“), sia “ciò che so insegnare meglio e ciò in cui credo maggiormente“. Tornando al caso specifico del bagher, io preferisco insegnare a tenere le gambe larghe poco più delle spalle, un piede più avanti e lavorare molto sul piano di rimbalzo. Perché credo che sia più facile da insegnare. Perché credo che ricalchi meglio il gioco di alto livello a cui aspiriamo di arrivare con tutti i nostri ragazzi. Perché non credo nel perdere troppo tempo nell’insegnare un affondo, quando abbiamo appurato che non è quello l’importante. Perché vedo risultati migliori in questo modo. Perché credo che l’equilibrio sia importante.

Ciò che mi sento di consigliare caldamente è di non mescolare troppi stili di insegnamento. Mi spiego: se scelgo di lavorare sull’equilibrio, lavoro su quello. Non che ad un giocatore faccio fare quello e ad un altro l’affondo. Se già i miei giocatori sono abituati a fare l’affondo, tuttavia, non ha senso perdere tempo a cambiare la tecnica, perché, come abbiamo ampiamente detto, non è quello che importa!

Una buona pallavolo ed un buon bagher a tutti.

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Teoria degli esercizi

Questo articolo ha lo scopo di illustrare gli elementi principali della teoria degli esercizi: classificazione, finalità, durate, tipologie, criteri di scelta e correzione. Contiene anche alcuni richiami alla teoria dell’allenamento. Al tutto è stato dato uno stampo puramente pallavolistico, ma è possibile adattare tutti i discorsi presentati anche agli altri sport.

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